Pagina:Bartoli - Dell'uomo di lettere II.djvu/8

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altrui non aggiungono altro che il proprio nome: uomini di poca faccia, che non avendo in un libro altro che la prima facciata, come il Giumento delle favole non portava di Leone fuor che la pelle, tutto il rimanente apropriano a sé; appunto come se l’impadronirsi d’un libro fosse dedicare un tempio a un Dio, di cui basta scrivervi, su la facciata il Nome. Che altro fece Caligola, quella bestia vestita da Imperadore, quando troncata la testa alla statua di Giove Olimpio, per essere egli adorato come Giove, vi pose la sua? I Persiani credevano, che il maggior di tutti i peccati fosse l’essere indebitato, e dopo questo l’esser bugiardo. L’uno e l’altro sono costoro; Perché ciò che hanno devono ad altrui, e non l’hanno altrimenti che mentendosene con una svergognata bugia padroni.

Un di costoro, a cui era rimproverato un simil furto mentre s’aspettava che, non potendo nascondere il fatto con la bugia, nascondesse almeno il volto colla vergogna, franco di fronte sì come era presto di mano, si pose in guardia, e facendosi schermo con la Simpatia, di cui, tanto romore fanno alcuni Filosofi, rispose arditamente, non potersi provare lui essere involatore degli scritti di verun’altro, se prima non si provava essere fra loro, dissomiglianza di mente; conciosiacosaché due ingegni uniformi e consonanti di genio, abbiano, per virtù di simpatica unione, e gli stessi movimenti nell’animo e il medesimo ordine ne’ pensieri. Or vadano il Keplero, il Mersenio, il Galileo a rinvenire l’occulta cagione, perché due corde tese all’Unisono, all’Ottava, e alla Quinta, sono fra di loro sì d’accordo, che, se l’una si tocca l’altra non toccata guizza e si muove. Ecco un problema di più difficile scioglimento (se pur negl'ingegni uniformi non vi sieno, come dicono essere nelle corde musiche quelle regolate vibrazioni, che incontrandosi secondo i numeri armonici delle perfette consonanze cagionino simile movimento): come esser possa, che due cervelli per via di simpatico consentimento s’accordino a scegliere uno stesso argomento, a spiegarlo con le medesime forme di dire, senza divario né pur d’un’apice, non che d’una parola; in fine, con tanta somiglianza di statura, d