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un ponte che crolla 303


lago. Non v’erano più avanti a noi che 40 chilometri d’acqua. Potevamo certo senza rammarico traghettare quello stretto, come avremmo traghettato un fiume. Decidemmo d’imbarcarci. Ma per prendere il battello su quel breve braccio di lago ci si presentava una grave difficoltà: il porto di Tankoy è unicamente porto militare.

Da quando fu compiuta la ferrovia intorno alla riva sud del lago, i passeggeri non possono più imbarcarsi sui grandi ferry-boats dello Stato. Sono obbligati a servirsi del treno, o di battelli privati fuori dei porti di Baikal e di Tankoy. Quella linea di navigazione, con i suoi immensi vapori taglia-ghiaccio, rimase al servizio esclusivo dell’esercito. La legge non soffre eccezioni. Navi e approdi divennero di colpo “segreto militare„. Persino ai funzionari ed alle loro famiglie è negato il permesso di avvicinarli. Potevamo sperare di esserne autorizzati noi, stranieri? Tentammo: telegrafammo ancora ad Irkutsk. Avevamo un vago timore di riuscire alquanto importuni alle autorità, ma la colpa, dopo tutto, era dei ponti.

Ricevevamo molte visite di piccoli funzionari nel nostro quartier generale, gentili, servizievoli, pronti a correre per noi al telegrafo, a cercarci delle informazioni. Ci domandavano anche loro se eravamo stati mai assaliti, e alla risposta negativa mostravano una soddisfazione non esente da sorpresa. Questa domanda ci fu rinnovata ovunque, attraverso la Siberia, anche da ufficiali di polizia, anche da governatori, e tutti si stupivano che per lo meno non fossimo stati derubati dai mujik. Io credo che le classi dirigenti russe non conoscano il mujik, che ne siano così separate da non sapere come esso vive e che cosa pensi; che abbiano di lui un concetto tradizionale, e falso. Esse ne parlano come d’un essere temibile e stupido, d’una bestia che bisogni spaventare per non esserne spaventati. Noi abbiamo avuto più contatto col mujik di tanti funzionari che lo governano, e perciò sentiamo per lui simpatia e stima. Credo anche un’altra cosa: che la Siberia sia misconosciuta nel mondo ufficiale; che