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336 capitolo xv.


porte della prigione. Nella prigione v’erano settanta criminali che evasero tutti. Di essi soltanto trenta sono stati ripresi.

— E gli altri quaranta?

— Gli altri quaranta, divisi in piccole bande, scorazzano nella regione del Jenissei. Sono segnalati continuamente, ora qua ora là, ma noi non abbiamo forza disponibile per dar loro la caccia. Essi spesso svaligiano le vetture sul “trakt„, nella foresta. Fortunatamente ora c’è la ferrovia; e a quei pochi che debbono passare di lì, se sono persone di riguardo concediamo una scorta.

Fermare un’automobile è un po’ difficile, specialmente per chi non l’ha mai vista. Soltanto una panna avrebbe potuto tradirci. Del resto non v’era modo di allocare dei soldati con noi e non intendevamo, per un ipotetico timore di banditi, impiegare sette giorni per arrivare a Krasnojarsk con la scorta a piedi, in fatto di banditi poi, non avevamo sentito parlare d’altro da Missowaja in qua, e eravamo un po’ scettici intorno a questo genere di pericoli della strada maestra. La scorta fu dunque rifiutata. L’ufficiale fece un gesto come per dire: Sia fatta la vostra volontà.

In compenso chiedemmo d’essere guidati, come a Nischa-Udinsk, fuori della città, sulla giusta via. Non è così difficile arrivare in una città come venirne via. L’ufficiale, cortesemente montò in una iswoshchik, diede un ordine al cocchiere che partì al gran trotto; e noi lo seguimmo.

Fuori della città l’ufficiale ci lasciò dicendoci:

— State in guardia!


Quel 6 di Luglio fu una delle peggiori giornate del nostro viaggio.

Fummo perseguitati da una pioggia continua, torrenziale, era un vero diluvio che allagava le strade della pianura e scavava e solcava quelle della collina. Era impossibile andare con una certa velocità, sia pure modesta per una 40 HP. L’automobile scivo-