Pagina:Barzini - Sui monti, nel cielo e nel mare. La guerra d'Italia (gennaio-giugno 1916), 1917.djvu/106

Da Wikisource.
96 la lotta a oslavia


dal nemico. La nostra offensiva s’iniziava. Eravamo noi ora a martellare una difesa.

Il cannoneggiamento è divenuto intenso e generale verso le otto, favorito dalla limpidezza di una mattinata di una serenità cristallina. Le nostre batterie cancellavano ogni traccia dei lavori notturni, sovvolgevano e squarciavano ancora una volta la tragica altura di Oslavia e la Sella. Gli austriaci erano scomparsi dietro le rovine del villaggio. La loro artiglieria rispondeva imperversando sui nostri rovesci, sui camminamenti, sulle retrovie, cercando di sbarrare il passo all’attacco che si andava preparando.

In queste strane battaglie di posizione l’artiglieria, accumulata nei centri di azione, assume il predominio; è lei che realmente attacca, difende, conquista, respinge, schiaccia. Lo scontro delle fanterie, il combattimento umano, quello che una volta costituiva la vera battaglia, si fa sempre più raro e breve. Gli uomini si slanciano per occupare materialmente quello che spesso gli esplosivi hanno già virtualmente preso. Avanti alle truppe tuona una avanguardia di granate, che non si vince che sopportandola. La grande, la terribile difficoltà che i nostri battaglioni dovettero affrontare per rirendere Oslavia non fu la difesa degli austriaci trincerati: fu la traversata delle zone battute dall’artiglieria nemica. Era la marcia mortale e non l’assalto.