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la guerra all'invisibile 245


dopo e sradica dai suoi ancoraggi una fila di torpedini, enormi, verdognole, sinistre, che vengono su, affiorano e lo seguono oscillando. Sono state messe allora. Come? Il mare è deserto, niente è comparso sull’imponente distesa delle onde.

Dopo ogni disastro causato dalle torpedini, si parla di navi minatrici mascherate da battelli da pesca o da piroscafi neutrali. Non possiamo più fingere di ignorare che i nostri nemici, dall’inizio della guerra europea, si servono di sottomarini affondamine. Senza che nulla lo riveli, l’agguato è teso. Il lavoro dei dragatori deve perciò essere senza sosta. Essi percorrono perennemente le strade delle navi, come i carri spazzatori vanno su e giù alla notte lungo le vie addormentate delle grandi città.

Per tre volte un sottomarino nemico nascosto nell’azzurra profondità dell’acqua ha tentato, alla distanza di qualche mese, lo sbarramento dell’entrata al Mar Grande di Taranto. Ma anche noi avevamo disposti i nostri tranelli. Non è il caso di descriverli: basta dirne i resultati. Al terzo viaggio il sottomarino, quando aveva già lanciato tutte le sue mine e navigava quietamente fra due acque, si è distrutto in una esplosione formidabile. Era attesa.

Il dragamine passa in questo momento sul luogo della catastrofe.

Fu lui che pescò le torpedini quel giorno. Due di esse esplosero, e il battello ruscellante