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la crisi dell'offensiva 43


ai lati, paralizzando qualche azione fiancheggiatrice. Può mancare così soltanto per avere avanzato bene ma senza appoggio. Manca dopo il successo stesso, se l’artiglieria nemica non lascia il tempo di sistemare la difesa della posizione conquistata, se ferma i rincalzi, se l’attacco che deve richiamarla altrove non può più svolgersi....

Una volta la presa di una posizione segnava la fine dello sforzo; ora invece segna l’inizio di una fase infernale. Bisogna resistere al bombardamento, vivere in un sovvolgimento ardente, lavorare nel fumo, sotto le raffiche di piombo, in un grandinare veemente di schegge e di pietre, opporsi ai contrattacchi. Sono poche le posizioni che è possibile espugnare al primo tentativo. Non basta più vincere, bisogna rivincere, spendere le energie di dieci combattimenti per raggiungere il risultato di una scaramuccia. E si rimane talvolta aggrampati, incastrati nella linea nemica, in situazioni che sembrano impossibili, per giorni, per settimane, finchè la conquista non si allarga con altri assalti e non si consolida.

L’attacco richiede ora tesori quasi sovrumani di valore e di abnegazione; le fanterie sono chiamate a compiti inauditi e sacrifici senza precedenti; l’attacco richiede inoltre precisioni asssolute di piani, perfezioni estreme di organismi, pienezze di sforzo; e mentre tutte queste condizioni e tutte queste virtù sono indi-