Pagina:Basile - Lu cunto de li cunti, Vol.I.djvu/132

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cxxii introduzione

Il giudizio è pieno di acume e di gusto; ma, come suol capitare ai critici stranieri, alquanto unilaterale ed esagerato. Troppa parte vi si fa al popolo napoletano, e poca al carattere individuale dell’ingegno del Basile, e ai tempi nei quali visse. — Chi, invece pel primo diede un giudizio equilibrato, nel quale si coglie il punto essenziale dell’opera e se ne vedono tutti i lati, fu Vittorio Imbriani, nel suo studio Il Gran Basile, pubblicato il 1875 sul Giornale Napoletano. Poche persone erano, per verità, più di lui fatte per intendere il Cunto de li Cunti; la qualità d’ingegno artistico, della quale la natura l’aveva provvisto, aveva una notevole somiglianza con quello del Basile1. E, nel rifare il processo psicologico del Basile, trovava in se stesso gli elementi necessarii per capirlo. «Nel Basile, — egli scrive — , tutto è indovinato: ha saputo dare la forma adatta a questi racconti impersonali e nel contempo imprimere a questa forma il suggello della personalità propria. Chiunque ha studiato per poco la letteratura popolare, comprenderà quanto sia difficile ad eseguire una tal cosa. L’incanto particolare di tutto ciò ch’è popolare, è quel non so che d’epico, che lo pervade, e di tipico: la mancanza d’individuazione; e quell’incanto appunto sparisce appena uno di noi vuol porsi a ritoccare quelle fantasie..... Ebbene, il Basile ha saputo conciliare due cose, che parrebbe impossibile il conciliare,



  1. Chi ha avuto la fortuna di leggere qualcuna delle fiabe, che egli stampava a pochi esemplari, e regalava agli amici, m’intende agevolmente. Vedere, per es., il Mastr’Impicca, fiaba (estr. dal giorn. Il Calabro, A. ix).