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trento, trieste e il dovere d'italia 129

sempre ispirato ai criteri stessi che Germania ed Austria ebbero verso il Lussemburgo ed il Belgio di cui violarono la neutralità.

Nessun uomo della Consulta, dunque, nessun ministro d’Italia offenderà l’onor nazionale, disdicendo un’alleanza che è mancala ai suoi fini ed è per l’Italia divenuta una croce, una catena; ma io ricordo che vicino ai patti firmati dai ministri vi son quelli accettati dal popolo. C’è il testamento di Garibaldi e di Mazzini, di tutti i fattori dell’unità della patria che indicavano la suprema necessità di integrare l’Italia fino alle Alpi. Di questo testamento furono assertori i poeti d’Italia da Carducci a Pascoli e banditori uomini come Bovio, Cavallotti e Imbriani. Alle firme di costoro, che son le vere firme del popolo d’Italia, il popolo deve far onore.

Eppure anche da coloro che non ebbero mai, nè logicamente dovrebbero aver adesso, alcun speciale affetto per la Triplice, si sollevano altre obiezioni. Si dubita che Trento e Trieste possan aver vantaggio dall’annessione al Regno d’Italia, si vede in Trieste la concorrente di Venezia, si teme che i sacrifici a cui andrebbe incontro l’Italia non sieno sufficientemente compensati.

Io potrei a cotesti timorati rispondere ricordando che se il piccolo Piemonte avesse voluto vagliare i maggiori o minori vantaggi economici dell’annessione delle singole provincie, l’Italia non sarebbe ancor unita in nazione. Potrei ricordare la risposta di quel vecchio patriotta triestino: «Trieste sia un semplice nido di pe-