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Pietro Bembo - Rime

che devea gir inanzi, omai seguirti.
Tu godi, assisa tra beati spirti,10
de la tua gran virtute, e chiara et alma
senti e felice dirti;
io senza te rimaso in questo inferno,
sembro nave in gran mar senza governo,
e vo là dove il calle e ‘l piè m’invita,15
la tua morte piangendo e la mia vita.

Sì come più di me nessuno in terra
visse de’ suoi pensier pago e contento,
te qui tenendo la divina cura,
così cordoglio equale a quel, ch’io sento,20
non è, né credo ch’esser possa, e guerra
non fe’ giamai sì dispietata e dura
la spada, che suoi colpi non misura,
quanto or a me, che ‘n un sol chiuder d’occhi
le mie vive speranze ha tutte extinto;25
ond’io son ben in guisa oppresso e vinto,
che pur che ‘l cor di lagrime trabbocchi,
mentre d’intorno cinto
sarò de la caduca e frale spoglia,
altro non cerco: o quando fia che voglia30
di vita il Re celeste e pio levarme?
Prega ‘l tu, Santa, e così pòi quetarme.

Avea per sua vaghezza teso Amore
un’alta rete a mezzo del mio corso,
d’oro e di perle e di rubin contesta,35
che veduta al più fero e rigid’orso
umiliava e ‘nteneriva il core
e quetava ogni nembo, ogni tempesta;
questa lieto mi prese, e poscia in festa
tenne molt’anni: or l’ha sparsa e disciolta,40
per far me sempre tristo, acerba sorte.
Ahi cieca, sorda, avara, invida morte,


Letteratura italiana Einaudi 104