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Pietro Bembo - Rime

XV.

Tutto quel che felice et infelice
viverò per inanzi, a voi si scriva,
o del mio bene e mal sola radice,
o fonte onde ‘l mio stato si deriva:
ché tante cose Amor di voi mi dice,5
tante ne leggon le mie fide scorte
negli occhi, ond’è la face sua più viva;
ch’i’ voglio anzi per voi tormento e morte,
che viver e gioir in altra sorte.

XVI.

La mia leggiadra e candida angioletta,
cantando a par de le Sirene antiche,
con altre d’onestade e pregio amiche
sedersi a l’ombra in grembo de l’erbetta
vid’io pien di spavento:5
perch’esser mi parea pur su nel cielo,
tal di dolcezza velo
avolto avea quel punto agli occhi miei.
E già dicev’io meco: o stelle, o dei,
o soave concento!10
Quand’i’ m’accorsi ch’ell’eran donzelle,
liete, secure e belle.
Amore, io non mi pento
d’esser ferito de la tua saetta,
s’un tuo sì picciol ben tanto diletta.15

XVII.

Or che non s’odon per le fronde i venti,
né si vede altro che le stelle e ‘l cielo,


Letteratura italiana Einaudi 9