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Pietro Bembo - Rime

XXVII.

– Io ardo – dissi, e la risposta invano,
come ‘l gioco chiedea, lasso, cercai;
onde tutto quel giorno e l’altro andai
qual uom, ch’è fatto per gran doglia insano.4

Poi che s’avide, ch’io potea lontano
esser da quel penser, più pia che mai
ver me volgendo de’ begli occhi i rai,
mi porse ignuda la sua bella mano.8

Fredda era più che neve; né ‘n quel punto
scorsi il mio mal, tal di dolcezza velo
m’avea dinanzi ordito il mio desire.11

Or ben mi trovo a duro passo giunto,
ché, s’i’ non erro, in quella guisa dire
volle Madonna a me, com’era un gelo.14

XXVIII.

Viva mia neve e caro e dolce foco,
vedete com’io agghiaccio e com’io avampo,
mentre, qual cera, ad or ad or mi stampo
del vostro segno, e voi di ciò cal poco.4

Se gite disdegnosa, tremo e loco
non trovo, che m’asconda, e non ho scampo
dal gelo interno; se benigno lampo
degli occhi vostri ha seco pace e gioco,8

surge la speme, e per le vene un caldo
mi corre al cor e sì forte l’infiamma,
come s’ei fosse pur di solfo e d’esca.11


Letteratura italiana Einaudi 17