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Pietro Bembo - Rime

LVI.

O rossigniuol, che ‘n queste verdi fronde
sovra ‘l fugace rio fermar ti suoli,
e forse a qualche noia ora t’involi,
dolce cantando al suon de le roche onde,
alterna teco in note alte e profonde5
la tua compagna e par che ti consoli:
a me, perch’io mi strugga e pianto e duoli
versi ad ogni or, nessun giamai risponde,
né di mio danno si sospira o geme;
e te s’un dolor preme,10
può ristorar un altro piacer vivo,
ma io d’ogni mio ben son casso e privo.

Casso e privo son io d’ogni mio bene,
ché se ‘l portò lo mio avaro destino,
e, come vedi, nudo e peregrino15
vo misurando i poggi e le mie pene.
Ben sai, che poche dolci ore serene
vedute ho ne l’oscuro aspro camino
del viver mio; di cui fosse vicino
il fin, che per mio mal unqua non vene20
e mi riserva a tenebre più nove.
Ma se pietà ti move,
vola tu là, dove questo si vòle,
e sciogli la tua lingua in tai parole:

a piè de l’Alpi, che parton Lamagna25
dal campo, ch’ad Antenor non dispiacque,
con le fere e con gli arbori e con l’acque
ad alta voce un uom d’Amor si lagna.
Dolore il ciba, e di lagrime bagna
l’erba e le piaggie, e da che pria li piacque30
penser di voi, quanto mai disse o tacque


Letteratura italiana Einaudi 36