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Pietro Bembo - Rime


Medusa, s’egli è ver, che tu di noi
facevi petra, assai fosti men dura
di tal, che m’arde, strugge, agghiaccia e ‘ndura.14

LXXXVII.

O superba e crudele, o di bellezza
e d’ogni don del ciel ricca e possente,
quando le chiome d’or caro e lucente
saranno argento, che si copre e sprezza,4

e de la fronte, a darmi pene avezza,
l’avorio crespo e le faville spente,
e del sol de’ begli occhi vago ardente
scemato in voi l’onor e la dolcezza,8

e ne lo specchio mirerete un’altra,
direte sospirando: – eh lassa, quale
oggi meco penser? perché l’adorna11

mia giovenezza ancor non l’ebbe tale?
A questa mente o ‘l sen fresco non torna?
Or non son bella, alora non fui scaltra –.14

LXXXVIII.

Sogno, che dolcemente m’hai furato
a morte e del mio mal posto in oblio,
da qual porta del ciel cortese e pio
scendesti a rallegrar un dolorato?4

Qual angel hai là su di me spiato,
che sì movesti al gran bisogno mio?


Letteratura italiana Einaudi 55