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290 relazione della fuga in francia


Erano venute in questo tempo risposte molto calde di Spagna, e che promettevano in breve la provisione del danaro richiesto e tutte l’altre che bisognavano ancora, non solo per fare ostacolo al re di Francia ma per trasportar la guerra nel regno suo proprio. Onde l’arciduca, preso animo, sollecitava la gente nuova, e aveva risoluto di far passare nell’esercito di Fiandra mille cavalli e mille cinquecento fanti di quei dell’arciduca Leopoldo, che per carestia di danaro non potevano esser da lui mantenuti. Aveva dichiarata nel medesimo tempo per piazza d’arme Filippevilla, luogo del contado di Namur verso la frontiera di Ciampagna, ed aveva fatta risoluzione d’uscire egli stesso in campagna, uscendovi il re di Francia. E di giá era prefisso il giorno delli 17 di maggio a doversi egli trovare in Namur, cittá vicina a Filippevilla, nel qual tempo tutto l’esercito doveva esser radunato alla piazza d’arme. Non cessava intanto il signor di Preau in Brusselles di continovar le sue pratiche. Nel qual tempo mostrava ancora la principessa di vivere addoloratissima, ed apertamente chiamava sua carcere la casa degli arciduchi, ed ella medesima con dichiarazione espressa in iscritto aveva lor fatta instanza, come per via giuridica, d’esser lasciata in sua libertá. Stava i giorni intieri senza lasciarsi vedere, e procurava con ogni dimostrazione d’abborrimento ch’apparisse a lei esser cosa di sommo dispiacere e violenza lo stare a quel modo a Brusselles. Ma in Parigi mostrandosi il re di Francia piú risoluto che mai ne’ suoi disegni dell’armi, e publicando pur tuttavia di voler personalmente soccorrere Brandemburg e Neoburg, ebbe nuovo ragionamento di ciò con l’ambasciatore di Fiandra e gli mosse parola del passo ch’egli avrebbe desiderato d’avere per Lucemburgo. Di questo motivo l’ambasciatore avvisò subito l’arciduca. Conoscevasi il pretesto del re, e giudicavasi ch’anzi gl’istessi due prencipi avrebbono pigliato sospetto grande nel vedersi in casa tante armi di Francia con la persona propria del re, per dubbio ch’un tal soccorso non facesse divenir essi medesimi preda al fine del soccorrente. In modo che l’arciduca stimando che ciò fosse piú tosto come un principio