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44 | scritti critici e letterari |
Ben cento miglia mi restano a correre teco quest’oggi per arrivare al letto nuziale.
— Oh cielo! E tu vorresti in questo sol giorno trasportarmi per cento miglia fino al letto nuziale? Odi come romba tuttavia la campana: le undici sono giá battute.
— Gira, gira lo sguardo. Vedi, fa un bel chiaro di luna. Noi e i morti cavalchiamo in furia. Oggi, sí quest’oggi, scommetto ch’io ti porto nel letto nuziale.
— E dov’è, dimmi, dov’è la cameretta? E dove, e che letticciuolo nuziale è il tuo?
— Lontano, lontano di qui..., in mezzo al silenzio..., alla frescura..., angusto... Sei assi... e due assicelle...
— V’ha spazio per me?
— Per te e per me. Vieni, succingiti, spicca un salto e géttati in groppa. I convitati alle nozze aspettano; la camera è giá schiusa per noi. —
La vezzosa donzelletta innamorata si succinse, spiccò un salto, snella si gittò in groppa al cavallo, e con le candide mani tutta si ristrinse all’amato cavaliere. E arri arri arri! salta salta salta; e l’aria sibilava rotta dal gran galoppare. Sbuffavano cavallo e cavaliere, e sparpagliavansi intorno sabbia e scintille.
A destra e a sinistra, deh, come fuggivano loro innanzi allo sguardo e pascoli e lande e paesi! come sotto la pesta rintronavano i ponti!
— E tu hai paura, o mia cara? Vedi bel chiaro di luna! Arri arri! I morti cavalcano in furia. E tu, mia cara, hai paura de’ morti?
— Ah no! Ma lasciali in pace i morti. —
Da colaggiú qual canto, qual suono mai rimbombò? che svolazzare fu quello de’ corvi?... Odi suono di squille, odi canto di morte! «Seppelliamo il cadavere».
Ed ecco avvicinarsi una comitiva funebre, e recar la cassa e la bara de’ morti. E l’inno somigliava al gracidar dei rospi negli stagni.
— Passata la mezzanotte, seppellirete il cadavere con suoni e cantici e compianti. Ora io accompagno a casa la giovinetta mia