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III.

Etnografia.

La popolazione è avida d’imparare: l’istruzione si va sempre più estendendo e con questa le cognizioni intese a migliorare i sistemi dell’agricoltura, della boschicoltura e della pastorizia.

Il linguaggio, che parlano le persone un po’ colte s’avvicina al puro toscano, o meglio al nazionale. Ma siamo in paese di confine, dove il nero non ancora è nero, e il bianco muore. Qui si comincia a sentire il dialetto aspro, ma vigoroso, così ricco di consonanti degli Emiliani e dei Romagnoli in ispecie. Taluni vogliono che in molti dei vocaboli e più nella pronunzia, vi sia del Celtico, e ciò può esser, benissimo, conforme al vero. In una regione ove s’incontrarono e si fusero svariati elementi etnici, bisogna in realtà distinguere il vocabolario dalla fonetica; le parole dalle abitudini pronunciative e dal timbro dei suoni vocali1.

Tutti però, o quasi del Comune, per le frequenti comunicazioni colla Toscana, ne conoscono abbastanza le forme del parlare e sanno farsi bene intendere, il


  1. Mussafia Prof. Leopoldo. Dacherlung der Roma gnolischen musidart. Vienna, Archivio glottologico, 1876.