Pagina:Bini - Scritti editi e postumi.djvu/55

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mono con tanta disinvoltura, che io n’ho veduti dì quelli, che tutti credevano desti, e pure dormivano. Come vada io non lo so, – ma il suo perchè ci dev’esser sotto. Basta, quando io sarò signore, venite, e ve ne dirò la ragione.

Non v’è rimedio; – il meglio è darsi pace. Vuol dormire il Signore, senza che nessuno lo veda? Ebbene, ch’ei dorma; io non glielo posso proibire. Silenzio dunque, lasciatelo dormire.


CAPITOLO XI.


Mi par mill’anni che passi quest’ora! Uh! le finestre son sempre chiuse, – nessuno si fa vivo. Non so più quel che fare; sono andato su e giù lungo la strada come un pendolo, e le gambe si protestano, – non ne vogliono più sapere. Che diavolo! quel Signore non ha discrezione! ora potrebbe alzarsi; – il sonno soverchio ingrossa il sangue, e, quel che è peggio, fa ottusa la testa. È vero ch’ei può farne di meno, – ha una buona borsa, – ha più del bisogno. Giova tanto poco la testa! per i più non la vedrei necessaria, se non fosse che la portassero per farsela tagliare. A me fin qui non ha reso che il dolor di capo, e Dio voglia che resti lì. – Ma le finestre son sempre chiuse! O pazienza, pazienza! è passato un carro, che ha fatto rintronare anche i tegoli, ma il Signore non l’ha sentito. Si vede bene, che ha una buona coscienza! dormire di quella fatta! come farà stanotte? felice lui! non ha debiti, non ha inquietudini, e però fa tutta una tirata. Eh! non son bagattelle! son due ore buone che dorme; – il Sole è andato sotto, che non è poco; – già già si fa buio. Oh! si desti, mio bel Signore, che farà un’o-