úda diverse ombre d’alberi vestiti di nuove frondi; e in quello
diversi fiori avendo colti, de’ quali tutto il luogo era dipinto,
con le candide mani, in uno lembo de’ miei vestimenti raccoltili,
fiore da fiore sceglieva, e degli scelti leggiadra ghirlandetta
faccendo, ne ornava la testa mia. E cosí ornata levatami,
quale Proserpina3 allora che Pluto la rapí alla madre, cotale
m’andava per la nuova primavera cantando; poi, forse stanca,
tra la piú folta erba a giacere postami, mi posava. Ma non
altramente il tenero piè d’Euridice4 trafisse il nascoso animale,
che me sopra l’erbe distesa, una nascosa serpe venente tra
quelle, parve che sotto la sinistra mammella mi trafiggesse;
il cui morso, nella prima entrata degli acuti denti, parea che
mi cocesse; ma poi, assicurata, quasi di peggio temendo, mi
pareva mettere nel mio seno la fredda serpe, immaginando
lei dovere, col beneficio del caldo del proprio petto, rendere
a me piú benigna. La quale, piú sicura fatta per quello e piú
fiera, al dato morso raggiunse la iniqua bocca, e dopo lungo
spazio, avendo molto del nostro sangue bevuto, mi pareva che,
me renitente, uscendo del mio seno, vaga vaga fra le prime
erbe col mio spirito si partisse. Nel cui partire il chiaro
giorno turbato, dietro a me vegnendo, mi copria tutta, e secondo
l’andare di quella cosí la turbazione seguitava, quasi
come a lei tirante fosse la moltitudine de’ nuvoli appiccata,
e seguissela; e non dopo molto, come bianca pietra gittata in
profonda acqua a poco a poco si toglie alla vista de’ riguardanti,
cosí si tolse agli occhi miei. Allora il cielo di somme
tenebre chiuso vidi, e quasi partitosi il sole, e la notte tornata
pensai, quale a’ Greci tornò nel peccato d’Atreo5; e le
corruscazioni correano per quello senza alcuno ordine, e i
crepitanti tuoni spaventavano le terre e me similemente. Ma la
piaga, la quale infino a quella ora per la sola morsura m’avea
stimolata, piena rimasa di veleno vipereo, non valendovi medicina,
quasi tutto il corpo con enfiatura sozzissima parea che
occupasse: laonde io, prima senza spirito non so come parendomi
essere rimasa, e ora sentendo la forza del veleno
il cuore cercare per vie molto sottili, per le fresche erbe