Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/215

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chiuose 209


[Mirra]. Come fu detto dinanzi fu figliuola di re Cinara del quale essa s’innamorò e avuto a fare con lui fraudolentemente per aiuto e consiglio della sua nutrice e fuggendo da poi l’ira del detto suo padre, per miserazione degl’iddii fu trasmutata in arbore del suo nome. Onde dice Ovidio:

Flet tamen, et tepidae manant ex arbore guttae.
Est honor e lacrimis, stillataque robore murra
Nomen erile tenet nullique tacebitur aevo.

[Met., X, 500-502.]

[ Cenace ]. Come fu detto dinanzi fu figliuola di Eolo re delli venti e innamorossi d’uno suo fratello carnale ch’ebbe nome Macareo col quale avendo a fare ingravidò e partorí: la qual cosa sentendo il detto suo padre, la mise in prigione, ed essa s’uccise se medesima.

[Piramo]: fu uno giovane bellissimo della cittá di Babillonia; innamorossi d’una sua vicina giovinetta e assai bella che si chiamava Tisbe con la quale si convenne per avere a fare con lei d’andare di notte fuori della cittá a certo luogo diterminato ove era una fontana. E lí aspettando l’uno l’altro, Tisbe giunse prima alla detta fontana, e aspettando Piramo, venne uno leone per bevere alla detta fontana: onde essa per paura fuggí e lasciovvi uno pannicello che portava in capo, il quale il detto leone trovando, tutto stracciò e insanguinò. Da poi venendo Piramo trovò il detto pannicello cosí sanguinoso, credette che Tisbe fosse stata divorata dalla detta fiera; onde esso per disperazione con la sua spada s’uccise. Alla qual cosa Tisbe correndo, e trovandolo quasi morto, con la detta sua spada per disperazione se medesima uccise. Per li quali morti uno celso ch’era ivi ch’avea li pomi bianchi diventaro neri. Onde dice Ovidio:

At tu quae ramis arbor miserabile corpus
Nunc tegis unius, inox es tectura duorum
Sigila tene caedis pullosque et luctibus aptos
Semper habe fetus, gemini monimenta cruoris.

[Met., IV, 158-161.]