Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/330

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324 nota

translation of a lost Latin original»1. Tale opinione risponde senza dubbio alla veritá: l’ignoto raccoglitore delle Dicerie del ms. Laur. avrá tradotto dal latino l’ep. del Bocc. cosí come tradusse quella di Dante ad Arrigo VII o altre comprese nella medesima silloge2.

Non occorre dar conto di certi lievissimi ritocchi ortografici da me introdotti nella lezione del ms.; le modificazioni che toccano il senso sono appena tre: affetto 12518, ms. effetto3; allora ivi29, ms. ora (ma l’avverbio temporale dev’essere parallelo al precedente allora); del pirata 1266, ms. dal pirata4. Nessuna presunzione di apocrifitá può investire l’ep., né sospetto d’errore la data5.



  1. An introd. Bocc. bibliogr. cit., p. 114, e cfr. anche p. 119.
  2. Per eliminare ogni dubbio circa l’impossibilitá che il testo laurenziano sia direttamente boccaccesco non accade invocare ragioni stilistiche, spesso fallaci; bensí l’intonazione generale dello scritto, ch’è affatto letteraria, porta a scartare risolutamente l’idea che il Bocc. si attenesse qui al volgare, mentre giá due anni prima aveva adottato il latino nelle lettere napoletane. Scorgo una spia della dettatura latina nel voc. Niccola con cui l’ep. incomincia: scrivendo in volgare il Nostro non avrebbe mancato di chiamar messere l’Acciaiuoli, milite sin dal 1337, mentre sotto il paludamento classicheggiante il titolo cavalleresco diventava inopportuno.
  3. Emendamento della stampa Corazzini.
  4. Emendamento della stampa Biscioni (1723). Nel ms. Laur., poi, invece di viverci 12516 si legge viverei, e invece di manifesta ivi22, manista. C’è anche un et davanti alle parole al popolo ivi17, che nel mio testo stimai a torto di dover sopprimere; una noticina del Biscioni (Prose di Dante cit., p. 387), richiamandomi al luogo d’Isaia al quale il Bocc. si riferisce (ix 2), mi additò troppo tardi la lezione giusta del passo: si veda in fondo al vol. l’errata-corrige.
  5. Primo il Manni notò che questa può essere stata «alterata» (op. cit., p. 76), poi il Baldelli si provò a spostare l’ep. dal 1341 al ’42 (Vita cit., p. 374): ma dopo le osservazioni in contrario del Tanfani (Nicc. Acciaiuoli, Firenze, 1863, p. 44, n. 1) i dubbi dovettero dileguare. Quanto all’accenno a maestro Dionigi da Sansepolcro, conviene spiegarlo come allusivo non alla morte di lui, ma semplicemente alla separazione del Bocc. dal dotto agostiniano per l’allontanamento dell’uno dalla residenza dell’altro; ciò fu messo in sodo di recente (cfr. E. Aggarbati, Fr. Dionisio Roberti da Borgo S. Sepolcro e la canz. del Petr. «O aspettata in ciel...», Bologna, 1915, pp. 54-55). Prima di questa spiegazione e dopo che i critici ebbero rinunziato a trovar erronea la data dell’ep., si tentò da parte del Crescini (Contributo cit., pp. 90-1), del Della Torre (La giovinezza cit., pp. 323-5) e del Traversari (op. cit., p. 31, n. 3) di anticipare di qualche mese il giorno obituario di Dionigi; anche il Torraca affermava che il Bocc. «accennò malinconicamente alla morte di lui, scrivendo il 28 agosto 1341 a Niccolò Acciaiuoli» (G. Bocc. a Napoli cit., p. 53, e cfr. anche la n. 4 a p. 56). Ma sta di fatto che quel dotto vescovo non morí prima del 14 gennaio 1342, ch’è la data tradizionalmente accettata (solo il 31 maggio seguente fu nominato il suo successore nella diocesi di Monopoli).