Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/334

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328 nota


Da una copia recente di S l’ep. IX fu pubblicata nel 1819, non senza gravi errori, per cura di A. Meneghelli1; non meglio la ristampò per conto proprio il Corazzini, il quale si giovò e di S e del Ricc. 805. Nella lezione da me assunta a base del testo (S, cc. 117 v-118 v) dovettero essere introdotti gli emendamenti che seguono: Silvani 1367, ms. silvam (!), e cosí piú oltre 1369-11 e 1386; verba hec ivi11, ms. verba hoc (!); Die... in vesperum ivi23,



    di F. Iacometti, nel vol. Dante e Siena, Siena, 1921, p. 223 sgg.; esso risulta costituito di due elementi ben differenziati, di cui l’uno comprende le cc. 1-84 (con le tre ultime facciate bianche) e l’altro le cc. 85-130. Di una mano è la prima parte, di un’altra diversa la seconda: tuttavia, in questa, le cc. 128 v-130 r furono riempite ancora dalla mano che scrisse la prima, il che mostra che una sola mente direttiva soprintese alla composizione del cod. (e ciò, probabilmente, durante il pontificato di Gregorio XII, 1406-’15, al quale si riferiscono le piú recenti tra le scritture lí ricopiate). Una sezione della seconda parte, formata dalla Sen. XV 3 del Petrarca a Lombardo della Seta e dalle otto del Bocc., fu replicata nella prima (c. 34 r sgg.), in modo che venne a trovarsi subito dopo il Bucc. carmen del Nostro preceduto dall’ep. XXIII a fra Martino (cc. 1 r-33 v); in questa replica fu per altro omesso il carme Quando erit, petrarchesco ma per errore ascritto al Bocc. (qui, p. 287 sg.), che si era inserito, non si sa come, tra l’ep. XV e la XVIII. Quanto al Ricc., vi fu trascritto tutto di séguito ciò che in S si trova nelle cc. 85 r- 105 r, 112 v-124 r, 125 r-128 r, 130 r; furono cosí riempiti i primi cinque quinterni del ms. fiorentino (oggi cc. 1-49, perché il primo foglio andò perduto), dopo di che fu dato luogo all’epistolario di L. Bruni e quindi ad un’ulteriore derivazione da S, lo scritto anonimo intitolato Figure deorum moraliter et naturaliter exposite. Tornando ad S, basterá ricordare che nel 1747 fu acquistato in Montaione dall’abate G. G. Carli colligiano (cfr. Baldelli, Rime di mess. G. Bocc., Livorno, 1802, p. 167, n. 2) e che dopo la morte del Carli pervenne alla Biblioteca pubblica di Siena; era giá identificato, adunque, e non da ricercare tra i dispersi, come pensò il Rostagno (Studii su G. Bocc. cit., p. 21, n. 1), il quale non s’accorse che il ms. «I VI 25», di cui aveva detto poco prima, era tutt’uno col nostro S. L’erronea segnatura era stata cosí indicata dal Corazzini (p. cxviii); anche dall’Hortis fu non piú propriamente designata nella forma «VI 23» (p. 926). Che il ms. del Carli contenesse «circa dieci Lettere Latine» del Bocc., tra cui in veste latina quella a messer Pino (!), fu favoleggiato dal Lami nelle Novelle letterarie del 1748, IX, col. 221 sg. num. 14 (di qui il cenno del Corazzini, pp. lxxxi e cxxi). Finalmente va ricordato che nel 1800 B. Tanini comunicò al Baldelli una lunga descrizione di S e vi aggiunse la copia dell’epistola del Petrarca e delle otto del Nostro; questo materiale si conserva oggi nel ms. 19676 della R. Biblioteca Universitaria di Padova, alle pp. 49-118 (e cfr. anche un’altra notizia di S alle pp. 123-34). L’apografo padovano fu rammentato dall’Hortis (op. cit., p. 926); il Narducci (Di un Catal. cit., p. 11) gli assegnò nove lettere boccaccesche, mentre una, come sappiamo, è del Petrarca.

  1. Jo. Bocc. Ad Franc. Petrarcham nunc primum edita epistola, Padova, 1819 (per nozze Mutinelli-Cromer). Dalla n. 1 a p. 18 l’ep. apparirebbe tratta direttamente da S, ma in realtá deriva dalla copia che il Baldelli si era procurata e che oggi fa parte del ms. padovano 1967 ricordato nella mia n. precedente; questo ms. (in cinque volumi) era stato appunto donato dal raccoglitore al Meneghelli.