Pagina:Boccaccio - Decameron di Giovanni Boccaccio corretto ed illustrato con note. Tomo 5, 1828.djvu/207

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tissime donne, se dal loro bellissimo coro te, siccome non degno, cacciassono, quante volte tu dietro alle femmine l’appetito dirizzi, quante volte fetido e maculato da esse partendoti, tra loro, che purissime sono, ti vai a rimescolare, non vergognandoti della tua bestialità! E certo, se tu non te ne rimani, e’ mi pare avvedere che t’avverrà, e meritamente. Esse hanno bene il loro sdegno, così come queste altre che donne si chiamano, non essendo: e chente e quale vergogna questo ti sia, dove questo avvenga, tu medesimo e pensare e conoscere il puoi. Ma perciocchè assai detto aver mi pare intorno a quello che a le apparteneva di considerare, quando follemente il collo sotto lo incomportabile giogo di colei sottomettesti, alla quale una gran salmista pare essere, acciocchè tu non creda dall’altre lei divariare, oltre a quello ch’io ti promisi, ciò che tu non potevi ben per te medesimo vedere intendo di dimostrarti, particolarmente chi sia colei, e chenti i suoi costumi di cui tu follemente divenuto servidore ora ti duoli, e vedrai dove e nelle cui mani il tuo peccato e la tua troppa subita credenza t’aveano condotto.

La prima notizia di questa femmina, di cui noi parliamo, la quale molto più dirittamente drago potrei chiamare, mi diedono le nozze sue; perciocchè essendo io per morte abbandonato da colei che prima a me era venuta, e di cui io molto meno mi potea scontentare che di questa, non so se per lo mio peccato o per celesti forze che ’l si facesse, avvenne, che essendo e volere e piacere de’ miei amici e parenti, a costei, mal da me conosciuta, fui ricongiunto: la qual già d’altro marito essendo stata moglie, e assai bene già l’arte dello ingan-