Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 1, 1829.djvu/287

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baciò la lettera, e posela in mano al fedele servo, il quale sanza niuno indugio volto li passi verso Montoro, e là in picciolo spazio pervenuto, trovò Florio nella sua camera, ove lasciato l’avea, con grandissima copia di lagrime e di sospiri, a cui egli porse la portata pistola, dicendogli ciò che da Biancifiore compreso avea e le sue parole. E partito da lui, Florio aperse la ricevuta lettera, e quella infinite volte rilesse pensando alle parole di Biancifiore, sopra le quali faccendo diverse imaginazioni, sopra il suo letto con essa lungamente dimorò.

Diana, alla quale niuno sacrificio era stato porto come agli altri iddii fu, quando Biancifiore dal grandissimo pericolo fu campata, avea infino a questa ora la concreata ira tenuta nel santo petto celata, la quale non potendosi più avanti tenere, discesa degli alti regni, cercò le case della fredda Gelosia, le quali nascose in una delle altissime rocce d’Appennino, entro a una oscurissima grotta, trovò intorniate tutte di neve; nè v’era presso albero o pianta viva fuori che o pruni o ortiche o simili erbe; nè vi si sentia voce alcuna di gaio uccello: il cuculo e ’l gufo aveano nidi sopra la dolente casa. Alla quale venuta la santa dea, quella trovò serrata con fortissima porta, nè alcuna finestra vi vide aperta. Fu dalla immortale mano con soave toccamento toccata l’antica porta, la quale non prima fu tocca, che dentro cominciarono a latrare due grandissimi cani, secondo che le voci li facea manifesti; dopo il quale latrare una vecchia con superbissima voce, ponendo l’occhio a uno picciolo spiraglio, mirò di fuori, dicendo: Chi tocca le nostre porti? -. A cui la santa dea disse: Apri