Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/271

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tanto non veggono? Credibile è che molto peggio se ne farebbe e fa, per che a me pare che se non sopra loro meritiamo, almeno loro pari riputare, sanza alcuna ingiuria di loro, ci possiamo: e se l’avviso mio non manca, possibile ci fia levare la falsa fama che gli chiama dei, e porla a noi; né fia chi il contradica, solo che della nostra grazia vogliamo far degni di quella i disianti".

Risero delle parole di costei le stolte compagne; e poi la quarta di loro, chiamata Annavoi, disse: "Perché in tante parole ci distendiamo? Veramente nell’iddii né potenza, né senno, né bellezza dimora: e ancora più, essi detti misericordiosi da tutti i viventi, di quella niente hanno. Pietà niuna in loro si trova: tiranni e usurpatori sono dell’altrui cose. E che feci io già in dispetto di Diana, la quale vendicatrice dea è chiamata? Non le levai io con la mia bellezza e con la forza della mia lingua, delle quali due cose io fui sopra tutte le partenopensi giovani dotata, cinque fedelissimi servidori l’uno dopo l’altro, avvegna che d’età fossero dispari, però che i due già vicini erano all’arco sopra il quale umane forze più non s’avanzano ma vengono mancando, e gli altri due ancora quelle guance mostravano che dalla madre recarono, e ’l quinto non piena la barba a maggior quantità la serbava per iscemarla? Certo sì. Costoro e con la bellezza degli sfavillanti occhi e con la dolcezza del mio parlare, per lo quale meritai Sirena essere chiamata, legai io sì nelle mie reti, che avendo loro fatti gittare gli archi co’ quali prima per li boschi servivano Diana, prima de’ loro tesori con soave mano li privai, e quelli sotto la mia balia ascosi, cavando loro poi del sinistro lato i sanguinosi cuori, li