Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/350

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voi molto si disdice: e non è atto di nobile donna andare gli antichi dolori delle morte persone per modo di beffe ritornando a memoria. Noi vi siamo, quando vi piaccia, e fratelli e servidori, e la nostra casa è a’ vostri piaceri apparecchiata, ma cessi che sotto colore di Glorizia noi qua entro ricevere vi vogliamo, però che già Apollo è oltre a venti volte tornato alla sua casa, poi che Glorizia mutò vita, sì come noi ben sappiamo, che la piangemmo molto come cara sorella, e questo ancora a tutta Roma è manifesto; e sappiamo ancora Domeneddio ora non essere in terra sceso a risuscitar lei. Voi siete errata: guardate che caso non vi faccia meno che bene parlare -. Allora Glorizia, tutta nel viso cambiata per le due sorelle di lei e per li tre fratelli nati dopo la sua partita, i quali ella non conoscea, e per gli altri circunstanti, dopo un gran sospiro disse: Oimè, fratello, or come mi parli tu? Sono io femina cui in alcuno atto la gola leda? Certo per singulare grazia da Dio questo conosco, che tra l’altre io sono una delle più modeste. Oimè, che io perché io le mie case ricerco, m’è detto che io meno che bene parlo! E più, che m’è detto che io, che mai non morii, già è gran tempo fui morta, pianta e sepellita. Deh, Iddio!, come può egli essere che Clelia, a cui io niente per consanguinità attengo, m’abbia riconosciuta, e i miei fratelli non mi conoscono, ma mi scacciano? -. Ma poi, lasciando del dolersi i sembianti, passò più avanti dicendo: Io sono Glorizia, e vivo, né mai morii. Onoratemi nella mia casa come è degno. Mostratemi Lavinio mio padre e Vetruria mia madre, e fate venire Scurzio mio promesso marito, il quale io giovane qui con voi e con Afranio