Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/380

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loro donne, e con grandissimi doni lieti ricercano Roma, e con loro il reverendo Ilario. Il quale prima in quella non giunse, che con ordinato stile, sì come colui che era bene informato, in greca lingua scrisse i casi del giovane re: il quale, con la sua reina Biancifiore ne’ suoi regni rimasi, piacendo a Dio, poi felicemente consumò i giorni della sua vita.

O piccolo mio libretto, a me più anni stato graziosa fatica, il tuo legno sospinto da graziosi venti tocca i liti con affanno cercati, e già il vento richiamato da Eolo manca alle tue vele, e sopra essi contento ti lascia. Fermati, adunque, ricogliendo quelle, e a’ remi stimolatori delle solcate acque concedi riposo, e agli scogli dà l’uncinute ancore, e de’ segati mari e della lunga via le meritate ghirlande aspetta, le quali la tua bellissima e valorosa donna, il cui nome tu porti scritto nella tua fronte, graziosamente ti porgerà, prendendoti nelle sue dilicate mani, dicendo con soave voce: Ben sia venuto -; e forse con la dolce bocca ti porgerà alcun bacio. La qual cosa s’avviene, chi più di te si potrà dire beato? E certo se altro merito non ti seguisse del lungo affanno, se non che i suoi begli occhi ti vedranno, sì ti fia egli assai grande, e glorioso potrai dire il tuo nome tra’ navicanti. Ella, la quale io sempre figurata porto nell’amorosa mente, mai i tuoi versi non leggerà che di me, tuo autore, non le torni il nome nella memoria: la qual cosa ne fia grandissimo dono. Adunque se di me tuo fattore t’è cura, dimora con lei, ove io dimorare non oso, né di maggior fama avere sollecitudine, ché, con ciò sia cosa che tu da umile giovane sii creato, il cercare gli alti luoghi ti si disdice: e però agli eccellenti ingegni