Pagina:Boccaccio - Filocolo di Giovanni Boccaccio corretto sui testi a penna. Tomo 2, 1829.djvu/90

Da Wikisource.

come voi dite, né donatore di sconvenevoli affanni, né citatore di vizii, né largitore di vane sollecitudini, né indegno occupatore dell’altrui libertà: però con ogni ingegno, con ogni sollecitudine dovrebbe ciascuno, che di lui non è conto e servidore, procacciare e affannare d’avere la grazia di tanto signore e essergli suggetto, poi che per lui si diviene virtuoso. Quello che piacque agl’iddii e alli più robusti uomini, similemente a noi dee piacere: seguasi, amisi, servasi, e viva sempre nelle nostre menti cotal signore! -

- Molto t’inganna il parer tuo - rispose la reina - e di ciò non è maraviglia, però che tu se’, secondo il nostro conoscimento, più ch’altro innamorato, e sanza dubbio il giudizio degli innamorati è falso, però che il lume degli occhi della mente hanno perduto, e da loro la ragione come nimica hanno cacciata. Adunque, a noi converrà alquanto, oltre al nostro volere, d’amore parlare: di che ci duole, sentendoci a lui suggetta, ma per trarti d’errore il licito tacere in vere parole rivolgeremo. Noi vogliamo che tu sappi che questo amore niun’altra cosa è che una inrazionabile volontà, nata da una passione venuta nel cuore per libidinoso piacere che agli occhi è apparito, nutricato per ozio da memoria e da pensieri nelle folli menti: e molte fiate in tanta quantità multiplica, che egli leva la ’ntenzione di colui in cui dimora dalle necessarie cose, e disponlo alle non utili. Ma però che tu essemplificando ti ’ngegni di dimostrarne da costui ogni bene e ogni virtù procedere, a riprovare tuoi essempli procederemo. Non è atto d’umiltà l’altrui cose ingiustamente a sé recare, ma è arroganza e sconvenevole presunzione: