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SOPRA DANTE | 187 |
leggiamento della pena loro. Ed io: Maestro, supple dissi, che è tanto greve, cioè qual tormento,
A lor, che lamentar gli fa sì forte?
cioè sì amaramente. Rispose, cioè Virgilio, dicerolti molto breve, e dice così. Questi, cattivi, che tu odi così dolersi, non hanno speranza di morte, perciocchè manifesto è loro l’anime essere eterne; E la lor cieca vita, senza alcuna luce di merito, è tanto bassa, cioè tanto depressa, avendo riguardo che in inferno sieno dannati in eterno, e su nel mondo di loro alcuna memoria non sia, e quasi sieuo come se stati non fossero:
Che invidiosi son d’ogn altra sorte,
di peccatori, quantunque di gravissimi supplicii tormentati sieno; perchè chiaro comprender si può costoro essere miserissimi, poichè di ciascuno quantunque misero invidiosi sono; conciosiacosachè invidia non si soglia portare se non a’ migliori o a’ più felici di sè. Fama di loro: che cosa sia fama, è mostrato di sopra nella esposizione della lettera del precedente canto; il mondo, cioè il costume de’ mondani, il quale è solamente i segnalati uomini far famosi, esser non lassa; perciocchè furono torpenti, miseri e freddi.
Misericordia, e giustizia gli sdegna,
e questo perciocchè le loro opere non furon tali, che impetrar misericordia per quelle sapessero o potessero; per la qual cosa sarebbero stati allevati alla gloria eterna: e furon sì vili e sì dolorose, che giustizia gli sdegna, cioè non cura di dovergli tra le più gravi colpe dannare, quantunque in quelle per mentecat-