Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo II, 1831.djvu/127

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SOPRA DANTE 123

più delle volte ottengono nelle loro bisogne. Che fine questo costume si debba avere, Iddio il sa; credo io che egli da esso molto offeso sia. Ma che che esso alle misere anime s’apparecchi nell’altra vita, è assai manifesto lui a’ corpi essere assai nocivo nella presente: perciocchè se noi vorrem riguardare, noi vedremo coloro che l’usano, essere per lo troppo cibo e per lo soperchio bere perduti del corpo, e innanzi tempo divenir vecchi; perciocchè il molto cibo vince le forze dello stomaco, iniantochè non potendo cuocere ciò che dentro cacciato v’è per conforto del non ordinato appetito e dal diletto del gusto, convien che rimanga crudo, e questa crudezza manda fuori rutti fiatosi, tiene afflitti i miseri che la intrinseca passion sentono, raffredda e contrae i nervi, corrompe lo stomaco, genera umori putridi; i quali per ogni parte del corpo col sangue corrotto trasportati, debilitan le giunture, creano le podagre, fanno l’uom paralitico, fanno gli occhi rossi, marcidi e lagrimosi, il viso malsano di cattivo colore, le mani tremanti, la lingua balbuziente, i passi disordinati, il fiato o debile o fetido senzachè essi, e meritamente, senza modo tormentano il fianco di questi miseri che nel divorar si dilettano. Per le quali passioni i dolenti spesse volte gridano, bestemmiano, urlano e abbaiano come cani. Così adunque la rozza sobrietà, la rustica simplicità, la santa onestà degli antichi, le ghiande, le fontane, gli esercizii e la libera vita è permutata in così dissoluta ingluve ebrietà e tumultuosa miseria, come è dimostrato; e perchè possiam comprendere, l’autore sentitamente