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160 COMENTO DEL BOCCACCI

furono in tanta semplicità, anzi sciocchezza i gentili, che non avendo riguardo alla sua origine, la stimarono una singular deità, in cui fosse potenza di dar bene e male, secondo al beneplacito suo; e per averla benivola, le feciono templi e ordinarono sacerdoti e sacrificii, seguendo per avventura, più che la verità, la sentenza di questi versi, Si fortuna volet, fies de rhetore consul: si volet haec eadem, fies de consule rhetor etc. E se alcune genti furono che intorno a questa bestialità peccassero, i Romani più che altri vi peccarono. Nondimeno quantunque di necessità paia, come detto è, questa fortuna nelle sue amministrazioni esser veloce, non è questa necessità imposta, se non sopra i movimenti delle cose causate da’ cieli, delle quali l’anime nostre non sono, perciocchè sopra i cieli sono create da Dio, e infuse ne’ corpi nostri, dotate di ragione, di volontà e di libero arbitrio; e perciò niuna necessità in noi può causare in farci ricchi o poveri, potenti o non potenti contro a nostro piacere; il che in assai s’è potuto vedere, in Senocrate, in Diogene, in Fabbrizio, e in Curzio e in altri assai, il che chiaramente Giovenale il dimostra nel verso preallegato dicendo,

Nullum Numen abest si sit prudentia, sed te
Nos focimus fortuna Deam, Coeloque locamus.

E questo avviene per la nostra sciocchezza, seguendo piuttosto con l’appetito la sua volubilità, che la forza del nostro libero arbitrio, per lo quale n’è conceduto di potere scalpitare, e aver per nulla ogni sua potenza. Adunque questo effetto universale de’ mo-