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268 COMENTO DEL BOCCACCI

Mobilis, ordo; multis ipsum,
Metuisse nocet, multi ad Fatum
Venere suum, dum Fata timent.

E questo medesimo mostra Ovidio d’aver sentito nel suo maggior volume, dove introduce Giove così parlante a Venere,

— — — — sola insuperabile Fatum
Nata movere paras? Intres licet ipsa sororum
Tecta trium; cernes illic molimine vasto
Ex aere, et solido rerum tabularia ferro:
Quae neque concursum coeli, neque fulminis iram,
Nec metuunt ullas tuta, atque aeterna ruinas.
Invenies illic incisa adamante perenni
Fata tui generis.

Nelle quali autorità predette si può manifestamente comprendere, queste tre sirocchie chiamarsi fate e fato. E clìe elle sieno state da’ poeti nominate tre, credo essere addivenuto, più per mostrare la diversità delle operazioni del fato, che per intendere che più che un fato sia. Scrivono oltre a questo, queste tre fate essere state attribuite al servigio d’uno iddio chiamato Pan. E vero che Fulgenzio dice nelle sue mitologie, queste essere attribuite al servigio di Plutone iddio dell’inferno: e questo credo acciocchè noi sentiamo l’opere di queste solamente intorno alle cose terrene esercitarsi, secondo una significazione di quelle. E dice il predetto Fulgenzio, che la interpetrazione di questo nome Cloto, è tanto a dire, quanto evocazione; perciocchè a questa fata s’appartiene dare ad ogni seme, nel debito luogo gittato, accrescimento, tanto che esso sia atto a dover venire