Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/179

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SOPRA DANTE 171

Non ne potrebbe aver vendetta allegra,

del dispettarlo che io feci essendo io vivo. Ora a più piena dichiarazion dare delle cose predette è da sapere che, secondo le fizioni poetiche, come altra volta è stato detto, Giove fu re del cielo, e dicono che in luogo di real verga, egli portava nella destra mano una folgore, la quale aveva tre punte, e con questa dicono che esso fulminava chiunque l’offendeva: e oltre a ciò, perchè egli molte folgori gittava, perciocchè assai erano i nocenti, gli attribuiscono più fabbri e in diversi luoghi, e il primo di tutti dicono esser Vulcano Iddio del fuoco; e sotto lui i Ciclopi, uomini di grande statura, e robustissimi e forti, de’ quali Virgilio nell’ottavo dell’Eneida nomina tre, cioè Brontes, e Steropes, e Piragmon, i quali tutti fabbricano folgori: e come detto è, in diversi luoghi, siccome in Lipari, e nell’isola di Vulcano, e in Etna, il quale volgarmente è chiamato Mongibello, e in altre parti. Oltre alle predette cose scrivono i poeti, che una spezie d’uomini chiamati giganti, di maravigliosa grandezza e statura di corpo, e di forza maggiore assai che umana, nati del sangue de’ Titani, i quali Giove aveva uccisi quando liberò Saturno suo padre, e la madre della prigione di Titano, si levarono incontro al detto Giove; e per volergli torre il cielo, posero più monti l’uno sopra l’altro, e intorno a ciò grandissime forze adoperarono: contro a’ quali Giove combattendo in una parte di Tessaglia chiamata Flegra, tutti gli fulminò e vinse; e in quella battaglia gittò molte folgori, per la qual