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162 LA TESEIDE


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Ma Febea che chiara ancor lucea,
     Co’ raggi suoi il viso gli scopria,
     Sicchè aperto Palemon vedea,
     Perchè ’l risomigliarlo gli fuggia;
     Ma poichè alquanto mirato l’avea,
     In sè la sua effigie risentia:
     Perchè disse fra sè: esso è per certo,
     Nè ’l può celar la barba end’è coverto.

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E nol voleva mica risvegliare,
     Tanto pareva a lui ched e’ dormisse
     Soavemente, ma si pose a stare
     Allato a lui, e così fra sè disse:
     O bell’amico molto da lodare,
     Se al presente tu ti risentisse
     Tosto credo fra noi si finirebbe
     Qual di noi due per donna Emilia avrebbe.

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In questo il giorno a fare era già presso,
     Ed a cantar gli uccelli han cominciato:
     Perchè Penteo risentendosi adesso,
     In piè si fu prestamente levato,
     Ver Palemone, che venía vers’esso,
     Con maraviglia tosto s’è voltato,
     E disse: cavalier, che vai cercando
     Per questo bosco sì armato andando?