Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/197

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lettera 27

nè prima il suo corpo renderono a seppellire, che Cimone in quelle medesime catene, che trar si doveano al morto corpo del padre, si facesse legare. I Lacedemoni a niun altro uomo essendo tanto tenuti, più volte Licurgo giustissimo uomo con le pietre assalirono, e ultimamente di quella città la quale egli aveva con santissime leggi regolata il cacciarono. I Romani soffersero che il liberatore d’Italia, cioè il primo Affricano poveramente morisse in Linterno; e all’Asiatico, che de’ tesori d’Antioco aveva riempiuto l’erario loro, patirono che fossero messe le catene, e tanto in prigione tenuto, che tutto il suo patrimonio venduto e pubblicato fosse. E il secondo Affricano avendo Cartagine e Numanzia superbissime città il romano giogo sprezzanti abbattute, trovò in Roma ucciditore e non vendicatore. Perchè mi fatico io in raccontare di tanti? Tutte le scritture dei passati son piene di questi mali. L’ingratitudine è antichissimo peccato de’ popoli, ed è sì radicata in quelli, che non siccome l’altre cose invecchia ma ogni dì più verde germoglia, e dopo i fiori conduce in grandissima copia i frutti suoi. E però, come altra volta ho detto, quello che a molti si vede essere avvenuto e avvenire, si dee con molto minor noia patire. Appresso questo affermo la seconda cosa avere più di veleno, e massimamente negli anni ne’ quali alto sentimento genera più disdegno; la qual cosa credo che da questo avvenga, cioè, perchè tutti naturalmente con fama desideriamo prolungare il nome nostro, e massimamente coloro i quali dirittamente sentono della brevità della vita presente, e chi di acquistar