Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/200

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30 a m. pino de’ rossi

si parla più resta in sua laude da parlare, e del quale non credo che più giusto nascesse infra i gentili, nè più d’onore e meno di pecunia cupido, acquistata la gloria della recuperata Spagna, e Italia liberata e soggiogata l’Affrica, trovò in Roma chi l’acusò di baratteria: nè furono così alti meriti di tanta potenza, che in quella medesima non fosse chi ricevesse l’accusa, e chi il chiamasse in giudicio, e ancora chi di quella condannare il volesse. Giulio Cesare, le cui opere non solamente l’estremità della terra ma con la fama toccano il cielo, in quella medesima infamia incorse nella quale voi d’essere incorso ora vi gravate. E perciocchè già disse, se per alcuna cosa si dovesse rompere la pubblica fede, per lo regno era da rompere, ancora sono di quelli che il suo splendore s’ingegnano d’offuscare. Ma comechè gl’invidiosi all’altrui gloria si dicano, diremo noi o crederemo Scipione barattiere, o Giulio disleale, veggendo quanto e all’uno e all’altro Dio vero conoscitore degli alti umani di spezial grazia concedesse? Certo no. E nella nostra età sappiamo noi quanti e quali nella nostra citta e altrove, non solamente con pensiero ma con aperta dimostrazione, in rivolgimento degli stati comuni abbiano adoperato, e nondimeno, o che il continuo uso di sì fatte opere, o l’universale desiderio di ciascuno di vedere mutamenti, o la forza di pochi anni roditori di ogni cosa che fatto se l’abbia, cittadini abbiamo poi veduti, e con aperta fronte tra gli altri non solamente procedere ma tenere il principato. E se questo che gli uomini hanno sofferto e sofferano sofferir non volete, quello che Cristo, il