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ANNOTAZIONI

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il grano; non di meno si sa che il Caro pigliò quell’azione, ancorché gli pregiudicasse grandemente nell’onore, in burla e si contentò ad una molto severa censura rispondere con un sonetto faceto, e fino si lasciò indurre di far la pace stipulata; nondimeno occorse che li giorni passati il Castelvetro passò avanti la casa del Caro, onde quell’ingegno marchegiano, tentato nella pazienza, come prima lo vide, corse in casa e, dato di mano ad un bastone, usci fuori e assaltò il Castelvetro, al quale indiscretamente ruppe le braccia, la schiena e tutta la persona, e poco appresso si ritirò in casa de’ signori Farnesi, suoi padroni antichi. Mostrò gran sdegno Apollo contro il Caro e comandò che nella torre maggiore Febea fosse appeso ai piedi, come meritava un che avesse assassinato l’inimico sotto la pace. L’illustrissimo signor Alessandro Cardinal Farnese, per esser stato il fautor de’ letterati, il mecenate de’ virtuosi, mentre egli visse nella corte di Roma, fu súbito a trovar Apollo e con esso lui menò il Caro delinquente, il quale presentato da Sua Maestá fra tanto personaggio, gli disse ch’egli non solo era poeta virtuoso, ma cavaliere dimolto onorato e che conosceva l’indegnitá ch’egli aveva fatta, ma che l’occasione grande, il dispregio infinito ch’aveva mostrato di lui il Castelvetro, avendo ardire passar innanzi ad uno che gli aveva perdonato con suo disonore un’ingiuria grande, passar dinnanzi la casa d’un poeta e d’un Marchegiano, che perdona, ma non si scorda e, quando è offeso, fa piú presto la pace per necessitá che per volontá, la collera grande dell’ ingiurie passate della canzone, il vilipendio presente di veder passar dinnanzi a casa un ch’era obbligato perseguitar sino all’ Indie, gli avevan fatto scordar la pace e le riconciliazioni; supplicava però a perdonarli le temeritá d’altri e i delitti commessi per i difetti naturali. Allora Apollo, rivoltosi verso il Cardinal Farnese, gli disse: — Monsignore, il vostro poeta si è portato da bravo Marchegiano; confessa che è stato troppo tentato dalla pazienza; se non avesse fatto il risentimento, l’avrei avuto per piú modesto letterato, che onorato cavaliere. — E, questo detto, fe’ chiamare a sé il giudice della causa e gli comandò che per l’eccesso del Caro fosse severamente castigata la temeritá del Castelvetro, ché gli uomini savi, ch’avevano cagionato [danno] altrui, si compravano le offese, quando davano altrui occasione comoda alla vendetta, e che gli uomini savii fidavano la vita e riputazione alla sicurezza dell’armi e non alla vanitá delle parole, perché la pace tanto durava, quanto non si dava altrui buona occasione da far la guerra » .