Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/272

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servino di soggetti nuovi, suscitati dal vii fango, senza meriti di virtú, è cosa che intimamente deve esser considerata da noi. Voi sapete, signori, che in tanto è falsa l’opinione di quelli che dicono esser cosa fatale a’ prencipi innamorarsi delle carogne e ne* carichi piú principali servirsi di soggetti immeritevoli, che per qualsivoglia vile interesse degli Stati loro disprezzano i fratelli, e fino incrudeliscono contro i propri figliuoli, non che si perdino in soverchiamente amare i servidori loro in cose nelle quali sta posta la somma degli Stati loro. Non operano, signori, i prencipi a caso, come molti scioccamente credono, né, come facciamo noi, nelle azioni loro si lasciano guidare dalle passioni deir animo; ma ogni loro operazione è interesse, e quelle cose che a’ privati paiono errori e oscitazioni, sono accuratezze ed eccellenti precetti politici. Tutti quelli che hanno scritto cose di Stato, liberamente confessano il primo strumento per ben governar i regni essere conferir i gradi e le dignitadi supreme agli uomini di merito grande e di conosciuto valore. Questo fondamento è notissimo a* prencipi; e chiaramente vedendosi che non Tosservano, è balordo chi si dá a credere che lo facciano per trascuraggine. Io, signori, che lungo tempo ho fatta riflessione sopra particolare di tanto rilievo, son venuto in questa ferma credenza, che gl*ignoranti, gli uomini nuovi e di niun merito, da’ prencipi nella collazione degli offici grandi, delle dignitadi piú principali sieno preposti ai soggetti letterati e meritevoli, non per difetto de’ prencipi, ma, mi arrossisco dirlo, per vizio de’ virtuosi. Confesso con esso voi che i prencipi hanno bisogno di ministri letterati e di sperimentato valore; ma niuno di voi mi negherá che anco somma necessitá non abbiano della fedeltá. Ed è cosa chiara che, se gli uomini meritevoli, se i ministri di valore cosi a’ prencipi loro riuscissero fedeli come sufficienti, cosi grati come virtuosi, che noi non ci dorrebbemo del presente disordine di veder gl* immeritevoli nani in quattro giorni divenuti giganti, e non piangerebbemo la meraviglia di veder le vili cocozze in brieve tempo sormontate sopra i peri, e seder nella cattedra della virtú l’ignoranza, nel tribunale del valore l’inezia. Lo stimar il proprio valore, il suo merito il