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118 orlando innamorato [St. 27-30]

        Io stavo queto e pur non soffiava,1
     Fin che venuto fu la notte oscura.
     Mentre che ’l frate così ragionava
     Guardosse indietro, e con molta paura
     Fuggìa nel bosco. Ahimè tristo! cridava2
     Ecco la maladetta creatura,
     Quel che io t’ho detto ch’è cotanto rio.3
     Franco barone, io te acomando a Dio.4

        Così li disse, e più non aspettava,
     Chè presto nella selva se nascose.
     Quel gigante crudel quivi arivava:
     La barba e le mascielle ha sanguinose;
     Con quel grande occhio d’intorno guardava.
     Vedendo Orlando, a riguardar se il pose;
     Sul col lo abbranca e forte lo dimena,
     Ma nol può sviluppar della catena.

        Io non vo’ già lasciar questo grandone,
     Diceva lui, dapoi ch’io l’ho trovato;5
     Debbe esser sodo come un bon montone:
     Integro a cena me lo avrò mangiato.
     Sol de una spalla vo’ fare un boccone.
     Così dicendo, ha il grande occhio voltato,
     E vede Durindana su la terra:
     Presto se china e quella in mano afferra.

        E’ soi tre dardi e il suo baston ferrato
     Ad una quercia avea posati apena,6
     Che Durindana, quel brando afilato,
     Con ambe mano adosso a Orlando mena;7
     Lui non occise, perchè era fatato,
     Ma ben gli taglia adosso ogni catena;
     E sì gran bastonata sente il conte,
     Che tutto suda dai piedi alla fronte.

  1. P. pure.
  2. Mr. Fo gia.
  3. P. che cotanto è.
  4. P. Baron, ti raccomando.
  5. P. Diceva quel.
  6. Ml., Mr. e P. in su.
  7. T. e Mr. possati.