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orlando innamorato |
[St. 19-22] |
Non crediati che sia maggior iniuria
Che, alla donna che chiede, esser sprezzata.
Tutte hanno in odio che la sua luxuria
Gli possa essere in viso improperata;
Ma questa dispettosa e trista furia
Angelica non mosse in questa fiata:
Tanto portava a quel barone amore,
Che ogni sua ingiuria a lei parea minore.
Ella rispose: Io farò il tuo volere,
E se altro far volessi, io non potrei;
S’io pensassi morendo a te piacere,
Adesso con mia man me occiderei.
Ma tu m’hai bene in odio oltra al dovere!
A ciò me en testimonii omini e dei;
Sol il sprezarmi è ’l mal che mi pôi fare,
Ma che io [non] te ami, non me pôi vetare.
Così dicendo nel campo discende,
Ove rugiava lo animal spietato,
E la corda alaciata giù distende,1
Poi quel pan della cera ebbe giettato.
Quel crudel mostro in bocca presto il prende:
L’un dente e l’altro insieme è impegolato;
Mugia saltando e cerca uscir de impaccio:
Al primo salto fu gionto nel laccio.
Così legato il lasciò la donzella,
E lei si dipartì subitamente.2
Era levata già la chiara stella3
Che vien davanti al sole in orïente:
Vede Ranaldo quella bestia fella,
Che ha la bocca di pece piena e il dente;
E poi legata per cotal maniera,4
Che mover non si può dal loco ove era.
- ↑ T. Quella corda alciata; Mr. la corda alciata; P. la c. allacciata.
- ↑ P. E si dipartì poi.
- ↑ Ml., Mr. e P. levato.
- ↑ P. dente, E poi.