[St. 27-30] |
libro i. canto xvii |
309 |
Già l’altro cavalliero era in arcione,
Et avia tratta la spada forbita;
Ma il principe se driccia a Rubicone,
Chè tutta l’altra gente era smarita,
E lui faceva sol deffensïone.
Questa battaglia fo presto finita,1
Perchè Ranaldo de un colpo diverso
Tutto il tagliò per mezo del traverso;
E va tra li altri con molta tempesta,2
Benchè de occider la gente non cura,
E spesso spesso de ferir se arresta,
Et ha diletto de la lor paura;
Ma pur a quattro gettò via la testa,
Duo ne partite insino alla cintura;
Lui ridendo e da scherzo combattia,
Tagliando gambe e braccie tuttavia.
Così restarno al campo e’ due pregioni,
Ciascun legato sopra il suo destriero,
Poi che fuggiti fôrno quei bricconi,
Che de condurli a morte avian pensiero.
Su il prato, tra bandiere e gonfaloni
E targhe e lancie, è Rubicone altiero,
Feso per mezo e tagliato le braccia:
Ranaldo gli altri tutta fiata caccia.
Ma Iroldo, il cavallier ch’io vi contai
Che stava alla fontana a lamentare,
Poi che anco egli ebbe de lor morti assai,
Corse quei duo pregioni a dislegare.
Più non fu lieto alla sua vita mai;
Prasildo abraccia, e non puotea parlare:
Ma, come in gran letizia far si suole,
Lacrime dava in cambio di parole.
- ↑ P. tosto.
- ↑ T. e Ml. E da.