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340 orlando innamorato [St. 23-26]

         Del campo, dico, che, come io contai,
     Andava a schiere in mille pezzi sparte;
     Più scura cosa non se vidde mai:
     Occisa è la gran gente in ogni parte,
     Con più roina ch’io non conto assai.
     Il re Adrïan li segue e Brandimarte;
     Risuona il celo e del fiume la foce
     Di cridi, de lamenti e de alte voce.1

         La gente de Agrican, senza governo,
     Poi che perduto è il suo forte segnore,
     Che mai nol vederanno in sempiterno,2
     Fugge dal campo rotta con romore.
     Tutti son morti e callano allo inferno;
     Il vecchio Galafron, pien de furore,
     Di quella gente già non ha pietade,
     Anci li pone al taglio delle spade.

         Non vôl che campi alcun di quella gente;
     Tutti li occide il superbo vecchione.
     E già son gionti ove primeramente
     Stava il re Agricane; il paviglione3
     Gettato fo per terra incontinente,
     Dove trovarno Astolfo, che è prigione,
     E il re Ballano, pien de vigoria;
     Con seco è Antifor de Albarossia.

         Tutti tre insieme, come eran legati,4
     Fôrno condutti ad Angelica avanti;
     Ma la donzella li ha molto onorati,
     Chè ben li cognosceva tutti quanti.
     E poi che fôr disciolti e scatenati,
     Con bel parlare e con dolci sembianti,
     Mostrandoli carezze e bella faccia,
     Di ciò che han per lei fatto li ringraccia.5

  1. T. e Mr. altre v.
  2. Mr. non il vìderanno; P. e Ml. non il vedranno.
  3. T. Agricane: (sic) il pavaglione; Mr. il paviglione.
  4. P. Tutti insieme.
  5. T. ringratia.