[St. 39-42] |
libro i. canto xxiv |
425 |
Poi se fece d’un tronco una gran mazza,
E come biolco se pone ad arare;
Quei duo feroci tori avanti cazza
E dritto il solco li fa caminare.
Sempre col tronco li batte e minazza:1
Mai non fu visto il più bel lavorare.
Per terra è Durindana e par che rada,2
Radice e pietre taglia quella spada.
Poi che fu il campo nelle sue confine
Arato tutto, Orlando fie’ gran festa,
Dio ringraziando e sue virtù divine,
Che gli avea dato onor de tanta inchiesta.3
Poi lasciò e’ tori, e non se vidde il fine
De lor, che se ne andarno con tempesta;
Muggiando forte via passarno un monte,
E uscîr de vista alle donzelle e al conte.
Benchè sofferto avesse molto affanno
Il franco conte alla battaglia dura,
A lui pareva ciascuna ora uno anno
De poter trare a fin tanta ventura;
Nè stima che per forza o per inganno
Possa esser vinta sua mente sicura.
Senza altramente adunque riposare,
Prende il bel corno e comincia a suonare.
Era smontata giù del palafreno
Quella donzella che portava il corno,
E nel bel prato de fioretti pieno
Se avea d’una ghirlanda il capo adorno;
Ma, come il suon del conte venne meno,
Tremò quella campagna tutta intorno,
E un piccol monticel ch’era in quel loco,
Se aperse in cima e fuor giettò gran foco.
- ↑ T. caccia-minaccia.
- ↑ T. e Mr. omm. e; P. terra Durindana par.
- ↑ Ml. omm. de: T. da.