Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu/438

Da Wikisource.
428 orlando innamorato [St. 51-54]

         Non ebbe il conte mai cotal battaglia,
     Poi che a quel foco contrastar conviene;
     Forza non giova o arte di scrimaglia,
     Perchè gran fumo, che con fiamma viene,1
     Gli entra ne l’elmo e la vista li abaglia,
     Nè apena vede il brando che in man tiene;
     Ma, ben che abbia il veder quasi già perso,
     Pur mena il brando a dritto et a roverso.

         Così di qua, di là sempre menando
     In quella zuffa oscura e tenebrosa,
     Nel collo il gionse pure al fin col brando,2
     E via tagliò la testa sanguinosa;
     Quella poi prese il conte e, remirando,
     Ben gli parve quel capo orribil cosa,
     Ch’era vermiglio, d’oro, verde e bruno;3
     Fuor di quel trasse e denti ad uno ad uno.

         L’elmo se trasse poi quel conte ardito
     E dentro i denti di quel drago pose;
     Dapoi nel campo arato se ne è gito,
     Sì come il libro nel suo canto espose.
     Dove Bavardo il re fu sepellito,
     Seminò lui le seme venenose;
     Turpin, che mai non mente in alcun loco,
     Dice che penne uscirno a poco a poco.

         Penne depinte, dico, de cimieri
     Uscirno a poco a poco de la terra,4
     E dapoi gli elmi e’ petti de’ guerreri
     E tutto il busto integro si disserra.
     Prima pedoni, e poscia cavallieri
     Uscîr, tutti cridando: Guerra, guerra!
     Con trombe e con bandiere, a gran tempesta:
     Ciascun la lancia verso Orlando arresta.

  1. P. 'l gran
  2. Mr. Nel cor gionse.
  3. Mr. Che verm.; Ml., Mr. e P. d’oro verde.
  4. T. e Ml. di lor terra.