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484 orlando innamorato [St. 19-22]

         Non fu veduto mai tanto peccato,
     Quanto era di Ranaldo valoroso,
     Ch’era sopra l’arcione abandonato,
     E strasinava il brando al prato erboso;
     Fuor de l’elmo uscia il sangue da ogni lato,
     Però che a quel gran colpo furïoso
     Tanta angoscia sofferse e tanta pena,
     Che ’l sangue gli crepò fuor d’ogni vena.

         Fuor della bocca usciva e fuor del naso,
     Già ne era l’elmo tutto quanto pieno;
     Spirto nel petto non gli era rimaso,
     Correndo il suo destriero a voto freno.
     E così stette in quel dolente caso
     Quasi una ora compita, o poco meno;1
     Ma non fu giamai drago ni serpente
     Quale è Ranaldo, allor che se risente.

         Non fu ruina al mondo mai maggiore,
     Chè l’altre tutte quante questa passa;
     Strazia dal petto il scudo, e con rumore2
     Contro alla terra tutto lo fraccassa.
     Fusberta, il crudo brando, a gran furore
     Stringe a due mane e le redine lassa,3
     E ferisce cridando al forte conte:
     Proprio lo gionse al mezo della fronte.

         Non puotè il colpo sostenire Orlando,
     Ma su le croppe la testa percosse;
     Le braze a ciascun lato abandonando,4
     Già non mostra d’aver l’usate posse.
     Di qua di là se andava dimenando,
     Et ambe l’anche di sella rimosse;
     Poco mancò che ’l stordito barone
     Fuor non uscisse al tutto de l’arzone.

  1. P. compiuta.
  2. P. del petto.
  3. T. la redine.
  4. T. branze.