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242 orlando innamorato [St. 47-50]

         A prima gionta de la spada mena
     Giù per le gambe del destrier Baiardo,1
     E quel ronzon scappò de un salto a pena,2
     Nè bisognava che fusse più tardo;
     E Rodamonte il suo brando rimena3
     A gran roina, e non pone riguardo
     De giongere a cavallo o cavalliero;
     Tanto è turbato e disdegnoso il fiero.

         Ahi falso saracin, disse Ranaldo4
     Che mai non fusti di gesta reale!
     Non ti vergogni, perfido, ribaldo,
     Ferir del brando a sì digno animale?
     Forse nel tuo paese ardente e caldo,
     Ove virtute e prodezza non vale,
     De ferire il destriero è per usanza;
     Ma non se adopra tal costume in Franza.

         Parlò Ranaldo in lenguaggio africano,
     Onde ben presto il Saracin lo intese,
     E disse: Per ribaldo e per villano
     Non ero io cognosciuto al mio paese;
     Et oggi dimostrai col brando in mano
     A queste genti che ho intorno distese,
     Che de vil sangue non nacqui giammai;
     Ma, a quel che io vedo, non è fatto assai.

         Se io non te pongo con sieco a giacere5
     Sopra a quel campo, in duo pezzi tagliato,
     Più mai al mondo non voglio apparere,
     E tengome a ciascun vituperato;
     Ma sino ad ora te faccio sapere
     Che il tuo destrier da me non fia servato;6
     La usanza vostra non estimo un fico,
     Il peggio che io scio far, faccio al nimico.

  1. P. A traverso a le gambe di.
  2. P. Il buon caval.
  3. P. Rod. la sua spada r.
  4. P. gridò. — U11. P. traditor ribaldo.
  5. P. con essi.
  6. T. sia.