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252 orlando innamorato [St. 15-18]

         Di corso andava il saracin gagliardo,
     E già Ranaldo non puotea seguire,1
     Chè facea salti assai maggior de un pardo.
     Gionto è tra nostri, e comincia a ferire;
     E se non era il giorno tanto tardo,
     Facea de’ fatti suoi molto più dire;
     Ma la luce, che sparve a notte scura,
     Impose fine alla battaglia dura.

         Pur vi rimase ferito il Danese
     Nel braccio manco e sopra del gallone;
     Et Olivieri assai ben se diffese,
     Benchè perdesse il scudo dal grifone,2
     E fossegli spezzato ogni suo arnese.
     Grande tra gli altri fu la occisïone:
     Coperti erano a morti tutti e piani
     De nostra gente et anco de pagani.

         La oscura notte, come io vi contai,
     Partitte al fin la zuffa cominciata.
     Or ben mi fa meravigliare assai
     Quel fier pagan, che tutta la giornata
     Ha combattuto e non se posò mai,
     E, poi che la battaglia è raquietata,3
     Va roïnando tutto il monte e ’l piano,
     Per ritrovar il sir de Montealbano.

         Avanti fa condurse ogni pregione,
     Chè molti ne avea presi alla catena,
     E lor dimanda del figliol de Amone,
     E qual spaventa, e qual forte dimena;
     Un per paura, o per altra cagione,
     Disse che era ito nel bosco de Ardena,
     E già non eran sue parole vere:
     Nè lo sapea, nè lo potea sapere.4

  1. P. Sì che.
  2. P. perdè lo.
  3. Ml. e Mr. è raquietata; T. era acquietata.
  4. P. Che no ’l sapea.