Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/270

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260 orlando innamorato [St. 47-50]

         Quel giovanetto che nudo è venuto,
     Poi che ebbe vòto tutto il canestrino,
     Con un fusto di ziglio alto e fronzuto,
     Ferì Ranaldo a l’elmo de Mambrino.
     Non ebbe quel barone alcuno aiuto,
     Ma cadde a terra come un fanciullino;
     E non era caduto al prato a pena,
     Che ai piedi il prende e strasinando il mena.

         De le tre dame ogniuna avea ghirlanda
     Chi de rosa vermiglia e chi de bianca;1
     Ciascuna se la trasse in quella banda,
     Poi che altra cosa da ferir li manca;
     E benchè il cavallier mercè dimanda,
     Tanto il batterno, che ciascuna è stanca,
     Però che al prato lo girarno intorno,
     Sempre battendo, insino a mezo giorno.

         Nè il grosso usbergo nè piastra ferrata
     Poteano a tal ferire aver diffesa;
     Ma la persona avea tutta piagata2
     Sotto a quelle arme, e di tal foco accesa,
     Che ne lo inferno ogni anima dannata3
     Ha ben doglia minor senza contesa,
     Là dove quel baron de disconforto,
     Di tema e di martìr quasi era morto.

         Nè sa se omini o dei fosser costoro:
     Nulla diffesa o preghera vi vale;
     E, standosi così, senza dimoro
     Crescerno in su le spalle a tutti l’ale;
     Quale erano vermiglie e bianche e d’oro,4
     E in ogni penna è un occhio naturale,
     Non come di pavone, o de altro occello,
     Ma di una dama grazïosa, e bello.5

  1. P. Di rosa chi verm.
  2. P. impiagata.
  3. Mr. damnata.
  4. Ml. Qual ale; Mr. Quale erano; P. Quali er.
  5. P. di donzella — T., Ml. e Mr. graziosa.