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326 orlando innamorato [St. 39-42]

         Ma stu volessi lasciar quel mestiero,
     Qual nel presente fai, di robbatore,
     Vinto mi chiamo e son tuo cavalliero:
     In ogni parte vo’ portarti onore.1
     Or che farai? Hai tu forse pensiero
     Che manchi giamai robba al tuo valore?
     Lascia questo mestier: non dubitare,2
     Chè a tal come sei tu, non può mancare.

         Rispose il malandrin: Questo che io faccio,
     Fallo anco al mondo ciascun gran signore;
     E’ de’ nemici fanno in guerra istraccio,
     Per agrandire e far stato maggiore.
     Io solo a sette o dece dono impaccio,
     E loro a dieci millia con furore;
     Tanto ancora di me peggio essi fanno,
     Togliendo quel del che mestier non hanno.3

         Diceva Brandimarte: Egli è peccato
     A tuor l’altrui, sì come al mondo se usa;
     Ma pur quando se fa sol per il stato,
     Non è quel male, et è degno di scusa.
     Rispose il ladro: Meglio è perdonato
     Quel fallo onde se stesso l’omo accusa;
     Et io te dico e confessoti a pieno
     Che ciò che io posso, toglio a chi può meno.4

         Ma a te, qual tanto sai ben predicare,
     Non voglio far di danno quanto io posso
     Se quella dama che là vedo stare
     Mi vôi donare e l’arme che hai indosso.
     E ne la borsa te voglio cercare,
     Chè io non me trovo di moneta un grosso;
     Poi te lasciarò andar legiero e netto.
     Ma voglio baratare anche il farsetto,

  1. P. E in.
  2. T. e Ml. Lascia questo m.
  3. T. del che; Ml. dil che.
  4. P. omm. io.