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gli dice: «Tu che non sai la natura dell’A, in che maniera vuoi insegnare agli altri la beta? Ipocrita, insegna prima l’A, se lo sai, e allora ti crederemo quanto alla B». Poi cominciò a interrogare il maestro intorno alla prima lettera, e (quello) non gli seppe rispondere.

4. Allora, alla presenza di molti uditori, il bambino dice a Zaccheo: «Stai a sentire, o maestro, la disposizione della prima lettera, e bada qui come ha linee e tratti mediani, e vedile comuni, trasversali, congiunte, ascendenti, divergenti...; di tre segni, omogenei, equilibrate, proporzionate son le linee che ha l’A»1.

    dutosi (il maestro) per insegnar le lettere a Gesù, cominciò dalla prima lettera, l’Alef. E Gesù gli dice la seconda lettera beth, ghimel, e così di seguito tutte le lettere sino in fondo. E aperto un libro, insegnava al maestro i profeti». (Cfr. c. XV, 2). Tutto il resto della storia manca in Paris. che si contenta in poche parole di accennare alla confusione del maestro che fuor di sé per la maraviglia se ne torna a casa. (Aggiunge poi il principio del miracolo di Gesù in casa del tintore, ch’è raccontato nel c. XXXVII del Vangelo arabo dell’infanzia: cfr. la redazione armena CXXI, la citazione d’al-Kisa’i in Thilo, p. 150-151). Red. B parla anch’essa dell’alfabeto ebraico, designando tuttavia le lettere co’ nomi greci (!). «E Zaccheo avendo scritto l’alfabeto in ebraico (ἑβραϊστί) dice a lui: alfa. E il bambino ripete: alfa. E di nuovo il maestro: alfa. E il bambino similmente. Poi ancora, per la terza volta, il maestro (ripete) l’alfa. Gesù allora, guardando in faccia il maestro, gli dice: Tu che non sai l’alfa, in che maniera insegnerai a un altro la beta? E il bambino, cominciando dall’alfa disse da sé le ventidue lettere». Anche il Tommaso latino si riferisce apertamente all’alfabeto ebraico: «Magister vero dulci sermone coepit eum docere litteras, et scripsit illi primum versiculum qui est ab a usque t, et coepit eum palpare et docere. (Infans autem tacebat. Iratusque) doctor ille percussit infantem in capite; puer vero cum accepisset dixit ad eum: Me autem oportet te docere et te non docere me. Ego scio litteras quas tu vis docere mihi, et scio quia vos estis mihi tanquam vasa de quibus non exeunt nisi voces et non sapientia neque animae salvatis. Et incipiens versiculum dixit per litteras ab a usque ad t pleniter cum multa festinatione. Et respexit ad magistrum et dixit ei: Tu autem nescis interpretare quod est a et b; quomodo vis docere alios? O pigritas [falsa lezione, probabilmente, per hypocrita]: si scis et dixeris mihi de a, tum dicam tibi de b. Ut autem coepit enarrare doctor ille de prima littera, non potuit ullum dare responsum». L’episodio invece che si leggeva, come s’è accennato, nell’introduzione in una scrittura de’ Marcosiani (= Vangelo gnostico di Tommaso?) citata da Ireneo Haer. I, 20, 1, parla di alfa e beta e non accenna altrimenti ad un alfabeto ebraico: Προσπαραλαμβάνουσι.... ὡς τοῦ διδασκάλου αὐτῷ φήσαντος, καθὼς ἔθος ἐστίν, Εἰπὲ ἄλφα, ἀποκρίνασθαι τὸ ἄλφα. Πάλιν τε τὸ βῆτα τοῦ διδασκάλου κελεύσαντος εἰπεῖν, ἀποκρίνασθαι τὸν κύριον· Σύ μοι πρότερον εἰπὲ τί ἐστι τὸ ἄλφα. καὶ τότε σοι ἐρῶ τί ἐστι τὸ βῆτα. Καὶ τοῦτο ἐξηγοῦνται, ὡς αὐτοῦ μόνου τὸ ἄγνωστον ἐπισταμένου, ὃ ἐφανήρωσεν ἐν τῷ τύπῳ τοῦ ἄλφα.

  1. Questo quarto paragrafo ne’ codici greci (DB: manca in Paris.) è