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XXXIII

(26) Più comunemente Sortes Sanctorum. Ma cfr. la denominazione greca λαχμητήριον τῶν ἀποστόλων. Erano usate nelle divinazioni, nei sortilegi.

(27) Non del tutto sicura è la scrittura lusa, nè si sa a che voglia propriamente alludere. C’è chi legge iussa apostol., intendendo Constitutiones apostolorum.

(28) Il Physiologus è una storia degli animali, trasportata al morale; opera d’uno scrittore greco dell’età alessandrina.

(29) Questo libro e i seguenti 15 (?) opuscula non solo non hanno nulla a vedere con gli apocrifi del N. T.; ma non si capisce neppure come i più figurino tra gli «apocrifi» nel senso di libri eretici e condannati. Per quel che riguarda Eusebio in particolare, il Gelasiano è qui in contraddizione con quanto notava più sopra: «Chronica Eusebii Caesariensis atque eiusdem historiae ecclesiasticae libros, quammvis in primo narrationissuae libro tepuerit et post in laudibus atque excusatione Origenis scismatici unum conscripserti librum, propter rerum tamen singularum notitiam, quae ad instructionem pertinent, usquequaque non dicimus renuendos.»

(30) Secondo lo Schwartz, la miglior tradizione dà come testo: Opuscula Lactantii apocrypha; le aggiunte sive Africani (Lattanzio era africano), sive Firmiani sono debolmente attestate. Nessuna menzione pertanto di Julius Africanus.

(31) Si tratta evidentemente dei dialoghi di Sulpicio Severo, in cui Postumio e Gallo sono gli interlocutori, onde Gennad. (de vir. ill. 19) gl’intitola: Conlatio Postumiani et Galli. Ma la strana espressione «opuscula P et G» fa sospettare un grosso equivoco da parte del Gelasiano.

(32) Alterius Clementis, in riguardo di Clemente Romano, discepolo di Pietro e Paolo e papa, di cui ricorre il nome più sopra.

(33) Se si tratta veramente, come non sembra potersi dubitare, del vescovo di Cartagine e dei suoi scritti genuini, s’ha anche qui una contraddizione con l’asserzione precedente del Gelasiano: «item [sancta Romana Ecclesia suscipi non prohibet] opuscula beati Caecili Cypriani martyris ei Carthaginiensis episcopi.»

(34) Non si sa chi sia.

(35) Ovvero Contradictio Salomonis. Non si sa chi sia.

(36) Cfr. Timoth. presb. (principio del VII sec.) De recept. haer. 86, 24 βάρβαρά τινα ὀνόματα ἐγγράφοντες (su tali amuleti) καὶ ὡς αὐτοί φασιν ἀγγέλων, τὸ δ´ἀληθὲς εἰπεῖν δαιμόνων τῶν αὐτοῖς ὑπηχούντων.

(37) A questa seconda opera alludiamo quando rimandiamo senz’altro al James.

(38) Forse non si trattava di traduzioni integrali, ma solo di estratti.

(39) Una traduzione più antica doveva essere già esistita prima di Girolamo, alla quale, con ogni probabilità, si riferiscono Clemente Alessandrino e Origene; ma al tempo di Eusebio non se ne aveva più traccia.

(40) Cfr. Hier. De vir. ill. 16: «Ignatius... scripsit.... ad Smyrnaeos et proprie ad Polycarpum..., in qua et de evangelio quod nuper a me translatum est, super persona Christi posuit testimonium dicens: Ego vero et post resurrectionem cet», Cir. tuttavia Orig. De princ. I proem. 8, dove il testo è attribuito al libro «qui Petri doctrina appellatur», ed Eus., h. e. III, 38, 11 ὁ δ´ αὐτὸς (sc. Ignazio) Σμυρναίοις γράφων οὐκ οἶδ´ὀπόθεν ῥη (=ῥητοῖς) συγκέχρηται. τοιαῦτά τινα περὶ τοῦ Χριστοῦ διεξιών· Ἐγὼ κτλ.